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Mercoledì 4 Dicembre 2024
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In aumento il fabbisogno di giovani e di lavoratori immigrati
Roma, 15 marzo 2023 – Sono oltre 417mila i contratti programmati dalle imprese nel mese di marzo e sono circa 1,3 milioni quelli previsti per il trimestre marzo-maggio, con un incremento della domanda di lavoro pari a quasi 59mila unità rispetto a marzo 2022 (+16,3%) e 143mila unità sul corrispondente trimestre 2022 (+12,6%). In aumento la domanda di giovani che passa da 101mila entrate programmate di marzo 2022 alle 132mila entrate previste per il mese in corso. Aumenta anche la richiesta di lavoratori immigrati, attestandosi a quasi 79mila entrate mentre erano poco più di 60mila a marzo 2022. A delineare questo scenario è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal[1].
L’industria nel suo complesso è alla ricerca di 135mila lavoratori per il mese di marzo che salgono a 385mila nel trimestre marzo-maggio. Per il manifatturiero, che è alla ricerca di 87mila lavoratori nel mese e di 249mila nel trimestre, le maggiori opportunità di lavoro riguardano le industrie della meccatronica che ricercano 23mila lavoratori nel mese e 64mila nel trimestre, seguite dalle industrie metallurgiche (18mila nel mese e 52mila nel trimestre) e da quelle alimentari (11mila nel mese e 32mila nel trimestre). Si mantiene elevata anche la richiesta proveniente dal comparto delle costruzioni: 48mila i contratti di assunzione programmati per marzo e 136mila fino a maggio. Per quanto riguarda i settori del terziario sono 283mila i contratti di lavoro che le imprese intendono attivare a marzo e oltre 891mila quelli previsti nel trimestre marzo-maggio. Il turismo sta offrendo le maggiori opportunità di impiego nei servizi con oltre 70mila lavoratori ricercati nel mese e 261mila nel trimestre, seguito dal commercio (57mila entrate programmate nel mese e 165mila nel trimestre) e dai servizi alle persone[2] (43mila nel mese e 132 nel trimestre).
Si attesta complessivamente al 47,4% la quota di assunzioni di difficile reperimento (+6,3 p.p. rispetto ad un anno fa), soprattutto a causa della mancanza di candidati per ricoprire le posizioni lavorative aperte. A incontrare le maggiori difficoltà di reperimento sono i settori legno-arredo (59,2%), costruzioni (58,5%), metallurgia (58,3%), tessile-abbigliamento-moda (58%).
Rispetto a un anno fa, aumentano le opportunità di assunzione per i giovani “under 30” che sfiorano le 132mila unità, pari al 31,6% delle entrate complessive previste dalle imprese (+3,4 p.p. rispetto a marzo 2022). ICT, industrie della carta e stampa, commercio, servizi finanziari e assicurativi e industrie meccatroniche si distinguono perché stanno ricercando giovani per oltre il 40% dei contratti da attivare. La quota di assunzioni che le imprese prevedono di ricoprire ricorrendo a immigrati si attesta sul 18,8% delle entrate complessive, in crescita rispetto al 16,8% di marzo 2022 (+2 p.p.). Logistica, servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone, industrie metallurgiche, industrie del legno-arredo e costruzioni sono i settori in cui la necessità di lavoratori immigrati superiora il 20% degli ingressi programmati.
Il flusso delle assunzioni è caratterizzato da una prevalenza di contratti a tempo determinato (215 unità; 51,4% del totale), seguono i contratti a tempo indeterminato (88mila; 21,2%) e quelli in somministrazione (45mila; 10,7%).
Sotto il profilo territoriale è da sottolineare l’elevato mismatch riscontrato dalle imprese nel Nord est per cui sono difficili da reperire circa il 54% dei profili ricercati con punte del 59,1% per il Trentino-Alto Adige.
[1] Le previsioni del mese di marzo si basano sulle interviste realizzate su un campione di quasi 116.000 imprese. Le interviste sono state raccolte nel periodo 26 gennaio 2023 – 13 febbraio 2023.
[2] Istruzione e servizi formativi privati, Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari privati, Servizi ricreativi, culturali e altri servizi alle persone.
La rincorsa non basta per fermare il declino di quelle create da italiani (-130mila)
L’imprenditoria di origini straniere[1] è da tempo un dato strutturale del nostro sistema produttivo. Alla fine del 2022 le imprese con una prevalenza di soci e/o amministratori nati al di fuori dei confini nazionali sfioravano le 650mila unità, poco più del 10% dell’intera base imprenditoriale del paese (appena sopra i 6 milioni di unità).
Questa stabile presenza si accompagna a un dinamismo anagrafico sconosciuto alle imprese avviate da persone nate in Italia. Negli ultimi cinque anni, l’imprenditoria straniera ha fatto segnare una crescita cumulata del 7,6% a fronte di un calo delle imprese di nostri connazionali del 2,3%. In termini assoluti, queste dinamiche non riescono a compensare la scomparsa di attività italiane: dal 2018 a oggi, le imprese di stranieri sono aumentate di 45.617 unità mentre le non straniere sono diminuite di 126.013 unità, cosicché il totale complessivo della base imprenditoriale del paese si è ridotto di 80.396 imprese.
E’ quanto emerge dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio riferiti al periodo 2018-2022 elaborati da Unioncamere-InfoCamere sull
Le forme giuridiche
Tra i due universi (imprese di stranieri e imprese di italiani) restano ancora profonde differenze strutturali. Tra le prime, la forma largamente prevalente resta ancora quella dell’impresa individuale (74,1%) laddove per le attività degli italiani questa quota da alcuni anni è ormai scesa stabilmente sotto la soglia del 50%. Al netto dello stop imposto dalla pandemia, l’andamento dell’ultimo quinquennio fotografa un effetto di sostituzione molto forte tra nuova imprenditoria immigrata e presenza italiana in questa che è la forma più semplice d’impresa.
La seconda modalità organizzativa preferita dalle imprese è quella della società di capitali. Sebbene la loro presenza sia decisamente più numerosa tra le iniziative di italiani (dove superano la quota del 32%) che tra quelle di stranieri (dove si ferma al 18,4%), nel caso di queste ultime i cinque anni alle nostre spalle segnalano una vitalità più che marcata di questa forma d’impresa tra quelle di origine immigrata (+39,1% contro +6,3% delle attività degli italiani nel periodo considerato).
I settori
Il confronto settoriale tra i percorsi delle imprese di stranieri e di nostri connazionali nell’ultimo quinquennio mette in evidenza differenze - anche notevoli - tra quello che accade a livello dei singoli comparti produttivi. In alcuni casi, l’espansione della base imprenditoriale di origini straniere contrasta una tendenza opposta delle imprese di italiani, riuscendo non solo a compensare le perdite di quest’ultima ma – in taluni casi - anche a far crescere l’intero segmento: come avviene nelle costruzioni (dove le imprese di italiani perdono quasi 12mila unità e le straniere aumentano di oltre 19mila) o nelle altre attività di servizi (in cui le imprese di italiani si riducono di 1.411 unità mentre le straniere crescono di quasi 6.800).
In altri casi, le imprese di stranieri seguono la tendenza delle imprese di italiani registrando però - nel bene e nel male - performance quasi sempre migliori. Laddove straniere e autoctone crescono, le prime fanno sempre meglio delle seconde, con le uniche eccezioni dei servizi alle imprese e della fornitura di energia. Quando invece la base imprenditoriale si restringe, le straniere mostrano una resilienza nettamente più marcata: come nel commercio, dove la riduzione delle imprese di italiani è del -6,3%, quella delle imprese straniere del -2,5%.
In altri casi si configura lo schema “a specchio” (con le straniere che aumentano mentre quelle di italiani si riducono) in cui, tuttavia, la dinamica delle straniere non è sufficiente a compensare la contrazione delle altre. È così per l’agricoltura, che nel quinquennio perde complessivamente 28.501 imprese e vede crescere le straniere di sole 3.037 unità (con variazioni del -4,3% delle italiane e +18,2% delle straniere). Ed è così anche per le attività manifatturiere, dove le imprese di italiani perdono 39.985 unità e le straniere ne recuperano appena 1.769 (-7,7% contro +3,8% a favore delle straniere).
Per migliorare la conoscenza di questi fenomeni, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Unioncamere – con il supporto di InfoCamere - hanno realizzato un Osservatorio nell’ambito del progetto FUTURAE che riporta i dati più significativi dell’universo delle imprese di stranieri e della sua evoluzione nel tempo navigabili online attraverso una Dashboard interattiva disponibile all’indirizzo https://www.
[1] Per imprese di stranieri s’intende l'insieme delle imprese in cui la partecipazione di persone non nate in Italia risulta complessivamente superiore al 50% mediando le composizioni di quote di partecipazione e cariche ricoperte.
Ma la difficoltà di reperimento riguarda il 56% delle assunzioni
Roma, 9 marzo 2023 – Rispondono alle esigenze di innovazione e di trasformazione tecnologica espresse dal tessuto produttivo gli ITS Academy - percorsi terziari di specializzazione tecnica e professionalizzante -, recentemente oggetto di un’importante riforma nell’ambito del PNRR. Un modello formativo co-progettato in stretto raccordo tra mondo della formazione e imprese che mette i giovani a diretto contatto con le filiere produttive più avanzate. Nel 2022 le imprese hanno ricercato quasi 52mila diplomati ITS Academy a fronte di numeri in uscita dai percorsi ITS cresciuti lentamente nel corso degli ultimi anni (solo 5.280 diplomati nel 2020, mentre complessivemente sono circa 20mila a partire dal 2013[1]).
Motivo per cui, per molte delle professioni che potrebbero essere ricoperte dai diplomati degli Istituti Tecnologici Superiori, le imprese lamentano una difficoltà di reperimento del 56%. A mostrarlo, è l’approfondimento effettuato da Unioncamere, sulla base dei dati dell’indagine 2022 del Sistema informativo Excelsior, realizzato in collaborazione con Anpal. Degli ITS Academy si parla oggi a Fiera Didacta, dove Unioncamere ha organizzato con INDIRE e Associazione ITS Italia il seminario "Certificazione delle competenze: dalla formazione in aula alla coprogettazione di esperienze aziendali di qualità per gli ITS Academy”.
Gli ITS Academy hanno una durata di 2 o 3 anni, sono caratterizzati da una forte componente di esperienza in azienda (il 30% delle ore di formazione deve essere svolto in stage), e in più dell’80% dei casi assicurano una occupazione a un anno dalla conclusione del percorso formativo.
I dati Excelsior mostrano che il Nord Ovest, con il 37% delle entrate previste, è l’area del Paese che esprime la maggior richiesta di diplomati Its Academy, seguito dal Nord Est con 23%, dal Centro con il 21% e dal Mezzogiorno con il 19%. Tra le regioni, spiccano soprattutto la Lombardia, con una richiesta di 13.700 entrate previste, seguita da Lazio con 6.200 entrate, Veneto 5.300, Emilia-Romagna 4.600 e Piemonte con 4.300.
I diplomati ITS Academy sono richiesti trasversalmente in tutti i settori, ma soprattutto in quelli legati al comparto industriale (18.550 richieste) e dei servizi alle imprese (17.850 entrate).
La meccanica rimane di gran lunga l’ambito in cui c’è più richiesta di diplomati ITS Academy: con circa 14.300 entrate previste rappresenta un terzo del totale complessivo di circa 51.600 richieste. A seguire le 8.000 richieste del settore della comunicazione e dello sviluppo di sistemi software.
I profili con alta difficoltà di reperimento sul mercato sono quelli dell’area elettronica, informatica e meccanica. Tra questi, i più difficili da trovare sono i Tecnici elettronici (difficoltà di reperimento al 74,6% delle entrate programmate nel 2022), i Progettisti e amministratori di sistemi e gli Analisti e progettisti di software (64,6%), gli Elettricisti nelle costruzioni civii (63,5%), gli Attrezzisti di macchine utensii (61,7%).
Le competenze digitali caratterizzano non solo uno dei settori specifici degli ITS, quello ICT, ma sono fortemente ricercate per tutti gli ambiti tecnologici, tanto da riguardare con grado di importanza elevato il 72% delle entrate previste. Anche le “tecnologie abilitanti 4.0” (Advanced manufacturing solution, Additive manufacturing, Augmented reality, Simulation, Horizontal/Vertical integration, Industrial internet, Cloud, Cybersecurity, Big Data and Analytics ) sono ritenute rilevanti per il 46,5% delle assunzioni di diplomati ITS Academy (rispetto al 13% del totale entrate).
Sempre più importanti per le aziende sono inoltre le competenze acquisite in materia di risparmio energetico e rispetto per l’ambiente (un prerequisito per il 48% delle entrate previste).
(...)
[1] I dati sull’offerta di diplomati ITS sono tratti dal report ufficiale 2022, “Istituti Tecnici Superiori - Monitoraggio nazionale 2022” di INDIRE e fanno riferimento al 2020 considerando i percorsi chiusi fino a tale annualità.
Leadership al femminile, casi di successo, ruolo delle istituzioni, certificazione di genere e relativi vantaggi per chi la consegue: questi alcuni dei temi al centro dell'incontro dal titolo "Donne e lavoro, non sempre è un'impresa" in agenda mercoledì 8 marzo alle ore 10.30, presso la sede di rappresentanza della Camera di Commercio di Salerno - via Roma 29, organizzato dal Comitato Imprenditoria Femminile dell'Ente camerale.
In provincia di Salerno nel mese di febbraio sono programmate circa 6.240 entrate e nel trimestre febbraio-aprile 2023 saranno 21.160; nella regione Campania 30.400, e in Italia complessivamente 386.000.
Nella provincia salernitana si prevedono 1.130 assunzioni in più rispetto a febbraio 2022 (+22,1%) e +3.460 assunzioni (+19,5%) prendendo a riferimento l’intero trimestre.
I servizi programmano più di 4mila ingressi e la filiera del turismo si conferma traino della domanda di lavoro (950 ingressi). Consistente anche l’apporto del commercio e dei servizi alle persone, entrambi con 820 ingressi previsti. I trend anche questo mese sono più alti di quelli nazionali (+21,5% nel mese e +17,1% trimestre percentuali Italia) e, nonostante le conseguenze del rallentamento dell’economia, i livelli della domanda di lavoro delle imprese si mantengono superiori a quelli registrati nell’analogo periodo pre-Covid (+35,3% sul mese di febbraio 2019, e +24,7% sul trimestre).
Trova conferma la domanda delle imprese rivolta ai giovani: sarà pari al 32% degli ingressi. Ancora in crescita la difficoltà di reperimento, in 39 casi su 100 le imprese prevedono che sarà arduo trovare i profili desiderati mentre a febbraio 2019 era il 22%.
Nel complesso nel mese di febbraio:
- le entrate previste si concentreranno per il 67% nel settore dei servizi e per il 74% nelle imprese con meno di 50 dipendenti;
- nel 22% dei casi le entrate previste saranno stabili, ossia con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato, mentre nel 78% saranno a termine (a tempo determinato o altri contratti con durata predefinita);
- il 19% sarà destinato a dirigenti, specialisti e tecnici, quota inferiore alla media nazionale (22%);
- il 16% delle entrate previste sarà destinato a personale laureato;
- le tre figure professionali più richieste concentreranno il 29% delle entrate complessive previste.
E’ la sintesi di quanto emerge dall’analisi del sistema informativo Excelsior, realizzata da Unioncamere e ANPAL, che offre un monitoraggio delle previsioni occupazionali delle imprese private dell’industria e dei servizi.
La Camera di Commercio di Salerno ha ormai da tempo avviato una serie di iniziative finalizzate alla transizione ecologica e a quella digitale, con particolare riferimento alle imprese femminili, giovanili e start-up.
Al riguardo, al fine di consentire alle imprese della provincia una più approfondita conoscenza su misure agevolative dedicate agli argomenti citati in precedenza, proponibili dagli Istituti di credito operanti nella provincia di Salerno, l'Ente camerale si rende disponibile per eventuali collaborazioni finalizzate all’organizzazione di incontri con le imprese per la diffusione delle predette misure.
Pertanto è possibile manifestare interesse per il presente avviso inviando le eventuali proposte di collaborazione al seguente indirizzo email segreteria.generale@sa.camcom.it
A Milano busta paga due volte e mezzo più pesante della media
Roma, 17 febbraio 2023 – Buste paga più leggere in 22 province su 107 tra il 2019 e il 2021. In queste aree un lavoratore dipendente ha perso in media nel triennio 312 euro, a fronte di una crescita nazionale di circa 301 euro. Sensibili sono le differenze a livello territoriale. Salari più magri di oltre mille euro a testa si registrano a Venezia, Firenze e Prato. Mentre crescite al top si rilevano a Milano (+1.908 euro), Parma (+1.425) e Savona (+1.282). Sotto la Madonnina i dipendenti sono anche i meglio pagati d’Italia, con uno stipendio medio di 30.464 euro nel 2021, due volte e mezzo la media nazionale di 12.473 euro e nove volte più alto di quello di Rieti fanalino di coda nella classifica retributiva. Ma, va detto, che nel capoluogo lombardo il reddito da lavoro dipendente rappresenta oltre il 90% del reddito disponibile contro il 23,9% di Rieti e il 63,1% della media nazionale.
È quanto emerge dalle elaborazioni provinciali realizzate dal Centro Studi Tagliacarne sulle voci che compongono il reddito disponibile a prezzi correnti.
“L'analisi dimostra che la geografia delle retribuzioni è diversificata territorialmente, e sotto vari aspetti non rispetta la tradizionale dicotomia Nord-Sud”. È quanto ha sottolineato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne che aggiunge “infatti se confrontiamo la graduatoria del pil pro capite (che misura la produzione della ricchezza) con quella delle retribuzioni, vediamo che nel primo caso praticamente tutte le ultime trenta posizioni sono appannaggio di province meridionali (con la sola eccezione di Rieti), mentre in quella delle retribuzioni pro-capite troviamo ben 10 province del Centro-Nord, il che induce a riflettere sulle politiche dei redditi a livello locale”.
Ma se Milano è la prima provincia italiana per valore pro-capite dei salari, Savona (+14,3%), Oristano (+11,8%) e Sud Sardegna (+11,2%) presentano i maggiori incrementi delle retribuzioni.
Tra 2019 e 2021, il peso in termini pro-capite del reddito da lavoro dipendente sul totale del reddito disponibile è rimasto stabile intorno al 63%. Ma in 42 province su 107, delle quali solo sei sono del Mezzogiorno, è aumentato passando dal 68,7% nel 2019 al 69,7% nel 2021. Nel complesso, l’incidenza delle retribuzioni sulle entrate disponibili si rileva più marcata nelle città metropolitane (71,3%) meno nelle province (57,6%). (...)
+68mila rispetto a un anno fa (+21,5%), 178mila lavoratori di difficile reperimento (46,2%)
Roma, 16 febbraio 2023 – Sono 386mila le assunzioni previste dalle imprese per il mese di febbraio e 1,2 milioni quelle per il trimestre febbraio-aprile, +68mila rispetto a febbraio 2022 (+21,5%) e +175mila con riferimento all’intero trimestre (+17,1%). La dinamica positiva della domanda di lavoro delle imprese in questi primi mesi dell’anno si conferma anche confrontando i livelli pre-Covid (febbraio 2019), rispetto ai quali si evidenzia una crescita del 15,6%, pari a +52mila assunzioni. Cresce ancora il mismatch tra domanda e offerta di lavoro che riguarda il 46,2% dei profili ricercati, un valore superiore di circa 6 punti percentuali rispetto a un anno fa. A delineare questo scenario è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal[1].
Sono 132mila le assunzioni programmate nel mese dall’industria. A creare maggiori opportunità di lavoro, accanto alle costruzioni con 48mila lavoratori ricercati, sono per il manifatturiero alcune delle filiere distintive del Made in Italy, con in testa la meccatronica (22mila assunzioni), seguita dalla metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (18mila), dall’alimentare (10mila) e dalle industrie tessili, abbigliamento e calzature, sebbene queste ultime si attestino ancora sotto il livello pre-Covid (-15,2% su febbraio 2019). D’altra parte, i servizi programmano 254mila ingressi e la filiera del turismo si conferma quale traino della domanda di lavoro (56mila ingressi). Consistente anche l’apporto del commercio (52mila) e dei servizi alle persone[2] (42mila).
Sono difficili da reperire 178mila profili professionali pari al 46,2% del totale assunzioni programmate a febbraio (+5,9 p.p. su febbraio 2022). La mancanza di candidati si conferma la principale motivazione del mismatch ed è in crescita rispetto allo scorso anno (+5,4 p.p.), mentre restano pressoché invariate le altre motivazioni. A risentire maggiormente del mismatch sono le imprese della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (58,5% dei profili ricercati è di difficile reperimento), le industrie del legno e del mobile (56,1%), le imprese delle costruzioni (54,9%), le industrie tessili, abbigliamento e calzature (52,1%) e le imprese della meccatronica (51,5%). Per quanto riguarda, invece, le figure professionali il Borsino Excelsior delle professioni riporta specialisti nelle scienze della vita (80,7% è di difficile reperimento), operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (70,8%), fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (68,5%), tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (66,7%) e operatori della cura estetica (66,2%).
Sono circa 69mila le assunzioni di personale immigrato (circa il 18% delle entrate) soprattutto nei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone e nel trasporto, logistica e magazzinaggio, settori nei quali la quota riguarda un terzo dei fabbisogni.
I contratti a tempo determinato sono proposti a 194mila unità, pari al 50,3% del totale, in diminuzione rispetto a febbraio 2022 (52,7%). Seguono i contratti a tempo indeterminato (79mila unità, 20,4%), quelli in somministrazione (44mila, 11,4%), gli altri contratti non alle dipendenze[3] (31mila, 8,2%), l’apprendistato (21mila, 5,5%), le altre forme contrattuali alle dipendenze (10mila, 2,6%) e i contratti di collaborazione (6mila, 1,7%).
A livello territoriale, 120mila entrate sono previste dalle imprese del Nord ovest, a cui seguono le imprese del Sud e isole (97mila), le imprese del Nord est (92mila, area che manifesta la maggiore difficoltà di reperimento pari al 52%) e le imprese del Centro (76mila).
Oggi a BIT 2023 l’evento organizzato da Camera di commercio di Salerno in collaborazione con Regione Campania e Unioncamere. Nel corso dell’iniziativa è stata presentata la ricerca “Il turista in Campania 2022 nella prospettiva di un nuovo turismo nazionale culturale ed esperienziale”, a cura di Isnart.
Si è tenuto oggi a Milano, in occasione della Bit 2023, l’evento “La terra dei miti - accoglienza e ospitalità nei siti patrimonio Unesco di Salerno e provincia”. L’iniziativa, organizzata con il supporto di Regione Campania e Unioncamere Campania, ha avuto l’obiettivo di presentare le eccellenze turistiche di Salerno e provincia, anche attraverso l’esperienza diretta di uno show-cooking di prodotti tipici della dieta mediterranea e della lavorazione di prodotti in ceramica tradizionale ed artistica.
Ai lavori sono intervenuti: Andrea Prete, Presidente Unioncamere e Felice Casucci Assessore Semplificazione e Turismo Regione Campania, che saranno seguiti da una tavola rotonda moderata da Raffaele Esposito, Coordinatore Gruppo Lavoro Turismo della Camera di commercio di Salerno, con la partecipazione di Roberto Di Vincenzo, Presidente Isnart; Elena Di Raco, Responsabile Ufficio Studi Enit; Alessandro Ferrara, Assessore al Turismo del Comune di Salerno.
"L'iniziativa di oggi ha un duplice obiettivo - spiega Andrea Prete, Presidente di Unioncamere e della Camera di commercio di Salerno - da un lato valorizzare le eccellenze della Campania e della provincia di Salerno, dall'altro raccontare il piano infrastrutturale che la Regione Campania sta mettendo a punto per incrementare il flusso di turisti dall'Italia e dal mondo. Il principale è certamente l'aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi, che sarà operativo dal 2024 e permetterà al territorio di essere ancora più attrattivo".
Nel corso dell’iniziativa è stata presentata la ricerca “Il turista in Campania 2022 nella prospettiva di un nuovo turismo nazionale culturale ed esperienziale”, dalla quale emergono alcuni dati interessanti rispetto al comparto turistico campano.
Di seguito un breve abstract dei dati salienti (si allega ricerca completa).
In Campania sono presenti 65.829 imprese turistiche, così suddivise con netta prevalenza di attività legate alla ristorazione (69,4%), seguite dall’ospitalità (13,3%). La metà delle imprese della filiera turistica si concentra a Napoli (52%); segue Salerno con il 25% sul totale regionale; e Caserta con il 13%.
Dalla ricerca emerge che il 43% delle scelte sono dovute ai turisti cosiddetti “repeaters” che, dopo la prima esperienza, ritornano sul territorio. La Campania viene scelta principalmente per la ricchezza del patrimonio (43%), in particolare la provincia di Salerno richiama per interessi naturalistici (18,7%) ed enogastronomici (16,9%), entrambi i dati sono superiori rispetto alla media regionale.
Più nel dettaglio, i turisti italiani e stranieri scelgono la provincia di Salerno per interessi naturalistici (lo fa il 18,7% mentre in Campania il 12,3%), enogastronomia (16,9% rispetto al 13,7% della Campania), assistere ad un evento (13,8% rispetto all'8,3% della Campania), fare shopping (10% mentre la Campania 6,4%), lo stile di vita italiano (8,4% - mentre in Campania 6,6%) e perchè è una località esclusiva (9,8% rispetto al dato Campania 5,9%).
Circa le attività svolte dai turisti durante la vacanza, la provincia di Salerno segue l’andamento regionale, ma si posiziona sopra la media per escursioni e gite (58,7% rispetto a 56,2% della Campania), il mare (34,4% rispetto al 25,4% della Campania), le degustazioni di prodotti enogastronomici (29,1% rispetto al 20,5% della Campania), per le attività sportive (11,9%) e la partecipazione ad eventi (10,5%).
Va sottolineato, inoltre, il dato relativo alla spesa media giornaliera pro capite (alloggi esclusi) di italiani e stranieri che, per la provincia di Salerno, ammonta a 97 euro rispetto alla media regionale di euro 84.
L’Unioncamere Campania, per attrarre turismo nazionale e internazionale, ha dato vita al progetto “Campania Felix”, ideato da Isnart, nel quale la destinazione turistica è fortemente caratterizzata sia dal prodotto della cultura materiale (musei, siti archeologici…) sia dalla cultura immateriale (eventi, rassegne…). Il modello ha unito l’analisi del dato dei fenomeni turistici con le reali necessità e percezioni degli operatori del territorio. Ciò ha permesso di riconoscere e valorizzare il ruolo degli stakeholder e delle imprese locali.
Dopo i picchi registrati nei mesi autunnali le bollette per l’energia elettrica delle micro e piccole imprese segneranno un -24% nei primi tre mesi del 2023 rispetto all’ultimo trimestre 2022. Buone notizie anche sul fronte del gas naturale, con una diminuzione stimata del -27%, nel mese di gennaio 2023 rispetto a dicembre dello scorso anno, per un profilo medio di piccola impresa.[1]
E’ quanto emerge dal monitoraggio dei costi dei servizi pubblici locali sostenuti dalle micro e piccole imprese operato da Unioncamere, BMTI (Borsa merci telematica italiana) e Tagliacarne, con il supporto di REF Ricerche, calcolato sulla base dell’ultimo aggiornamento comunicato da Arera del prezzo della materia prima in regime di maggior tutela.[2]
Entrando nel dettaglio dei costi dell’energia elettrica a carico delle micro e piccole imprese, la riduzione nel primo trimestre del 2023 rispetto al IV trimestre 2022 è accentuata per tutti i profili di impresa analizzati, con punte vicine al -25% per ristoranti e B&B. Ciò nonostante le bollette rimangono mediamente più alte di circa il +15% rispetto ai valori di spesa del I trimestre 2022, e oltre il doppio della media dell’anno 2021 (+100%). Le bollette elettriche rimangono comunque decisamente più elevate rispetto al periodo pre-pandemia, nonostante gli interventi di riduzione degli oneri generali.
Forte decrescita anche per le bollette del gas naturale pari, in media, al -27% gennaio 2023 su dicembre 2022, con variazioni massime del -27,7% per il profilo del ristorante. E risulta in calo anche il confronto tendenziale con gennaio 2022: -34% per la media dei sei profili monitorati. La spesa per la bolletta rimane comunque elevata rispetto al 2021 (+29%). La forte decrescita nel prezzo della materia prima è dovuta anzitutto al calo degli indici di prezzo all’ingrosso del gas naturale negli ultimi mesi dell’anno rispetto al III trimestre 2022. Come per l’energia elettrica, anche le bollette del gas naturale rimangono decisamente più elevate rispetto al periodo precedente la pandemia.(...)